L’ibridazione sp3 e il legame semplice

09 Dicembre 2008 commenta!

L’atomo di carbonio, che allo stato eccitato possiede quattro elettroni di valenza, tornando allo stato fondamentale dispone i suoi quattro elettroni in altrettanti orbitali tutti uguali tra loro, fondendo in un unico strato quello s e quello p. I quattro orbitali così mescolati risultano ibridi, non appartenendo più né alla categoria s né alla categoria p e vengono perciò detti orbitali ibridi del tipo sp3, dove il numero esponenziale indica che sono tre gli orbitali p coinvolti nell’ibridazione.
Il carbonio ibridizzato sp3 è definito carbonio saturo. Esso può formare quattro legami covalenti di tipo σ con altri atomi di carbonio o di altri elementi, dando vita a geometrie tetraedriche in cui tutti i legami σ possono avere una libera rotazione.
I quattro orbitali ottenuti dall’ibridazione presentano per 1/4 le caratteristiche dell’orbitale 2s e per 3/4 le caratteristiche degli orbitali 2p e l’energia che possiede l’elettrone per rimanervi risulta leggermente inferiore a quella degli orbitali 2p e superiore a quella dell’orbitale 2s.
La forma che essi presentano è quella lobata, con due lobi di cui uno molto ridotto e uno di maggiori dimensioni.
La geometria tetraedrica consente ai quattro orbitali ibridi di porsi alla massima distanza possibile  rendendo minima la loro repulsione elettrostatica e corrisponde alla geometria prevista dalla teoria VSEPR.
Attraverso esperimenti chimici e misure spettroscopiche è stato dimostrato che la molecola del metano CH4, il composto organico più semplice, presenta una struttura tetraedrica regolare portante al centro l’atomo di carbonio e ai vertici quattro atomi di idrogeno a esso legati con angoli di 109,5°.
Questa struttura geometrica porta alla perfetta equivalenza dei quattro legami C—H, che è giustificabile solo se si ammette che i quattro orbitali del carbonio si mescolino tra loro per formare quattro nuovi orbitali ibridi tutti uguali, detti sp3.
La molecola del metano si forma grazie alla massima sovrapposizione dei quattro orbitali ibridi sp3 del carbonio con gli orbitali 1s dei quattro atomi di idrogeno dando vita a quattro legami semplici denominati legami σ (sigma).
Per la versatilità con cui gli orbitali sp3 sono in grado di congiungersi, questo tipo di ibridazione può dar vita a un numero considerevole di molecole contenenti da due a un numero infinito di atomi di carbonio.
Essi infatti possono accoppiarsi ad altri orbitali sp3 di altri atomi di carbonio dando vita così anche a legami C—C. Questo legame sarà senza dubbio covalente omopolare, in quanto la nuvola elettronica comune ai due atomi di carbonio è equamente distribuita.
E’ stato possibile misurare sia la lunghezza dei legami C—C sia quella dei legami C—H e sono rispettivamente 1,53 Å e 1,10 Å.
E’ stato possibile misurare sperimentalmente sia l’energia di legame C—C sia quella del legame C—H e sono rispettivamente 88 Kcal/ mol e 104 Kcal/mol.
I valori delle energie di legame permettono di rilevare che questi legami sono particolarmente forti.
Le varie disposizioni che gli atomi assumono nello spazio per la rotazione dei gruppi intorno al legame σ sono dette conformazioni. La molecola dell’etano C2H6 presenta due conformazioni fondamentali denominate eclissata e sfalsata.
La conformazione eclissata è quella in cui gli atomi di idrogeno appartenenti a un atomo di carbonio ricoprono quelli appartenenti all’altro se la molecola viene osservata lungo la direzione del legame C—C.
La conformazione sfalsata è quella in cui gli atomi di idrogeno risultano perfettamente sfalsati se la molecola viene osservata allo stesso modo. Questa conformazione risulta più stabile di quella eclissata in quanto tutti gli atomi si trovano alla massima distanza l’uno dall’altro e perciò esercitano tra loro la minore repulsione.
Ogni atomo di carbonio può legarsi fino a un massimo di quattro atomi di carbonio dando vita così a catene lineari, ramificate o a strutture cicliche.

L’ibridazione del carbonio

09 Dicembre 2008 commenta!

L’ibridazione consiste in un mescolamento fra orbitali atomici di diverso tipo, con formazione di orbitali ibridi che possiedono caratteristiche intermedie tra quelli di partenza.
Attraverso la teoria VSEPR, si possono individuare tre diversi tipi di legame che il carbonio può instaurare.

Tale teoria però non è sufficiente a spiegare in che modo l’atomo di carbonio utilizza i suoi elettroni per formare i tre tipi di legame che caratterizzano i suoi composti: il legame semplice, doppio e triplo.
Gli orbitali del carbonio sono degli orbitali ibridi aventi caratteristiche intermedie tra s e p.
Sulla base della teoria VSEPR è possibile prevedere:

1) quando un atomo di carbonio forma quattro legami singoli, intorno al nucleo sono presenti quattro nuvole elettroniche e tramite la teoria VSEPR è possibile prevedere che la molecola avrà una geometria tetraedrica: è questo il caso del metano CH4, il più semplice composto organico;
2) quando un atomo di carbonio forma un doppio legame e due legami singoli, intorno ad ogni atomo si dispongono tre nuvole elettroniche e tramite la teoria VSEPR è possibile prevedere che la molecola avrà una geometria planare trigonale: è questo il caso dell’etilene (etene) C2H4;
3) quando il carbonio forma un triplo legame e uno singolo, intorno ad ogni atomo si dispongono due nuvole elettroniche e tramite la teoria  VSEPR è possibile prevedere che la molecola avrà una geometria lineare: è questo il caso dell’acetilene (etino) C2H2.

L’atomo di carbonio

09 Dicembre 2008 commenta!

Alla base della chimica organica vi è l’atomo di carbonio. E’ il sesto elemento della tavola periodica, ha numero atomico Z=6 e perciò in totale 6 elettroni: 2 nello strato 1s, 2 nello strato 2s e 2 nello strato 2p. La sua configurazione elettronica è 1s2 2s2 2p2.
Il carbonio, avendo due elettroni nello strato più esterno 2p, dovrebbe avere valenza 2, come quella che presenta nel suo composto più semplice con l’ossigeno, il monossido di carbonio CO. Tuttavia, anche se questo è il composto più semplice del carbonio, non è il più diffuso, in quanto il composto che il carbonio presenta in maggiore quantità con l’ossigeno è il biossido di carbonio o anidride carbonica CO2, nel quale il carbonio ha valenza 4.
Il carbonio, appartenendo al quarto gruppo della tavola periodica, possiede quattro elettroni di valenza e, perciò, può formare quattro legami che nella maggior parte dei composti organici sono di tipo covalente. Esso è detto tetravalente proprio per i suoi quattro elettroni di valenza ed è in grado di realizzare legami molto stabili.
Questo dipende dalla posizione centrale che il carbonio occupa nella tavola periodica: non essendo né fortemente elettronegativo né fortemente elettropositivo, forma legami covalenti con altri atomi.
Oltre che con atomi di idrogeno, ossigeno e azoto, gli atomi di carbonio riescono a legarsi anche ad altri atomi di carbonio, formando catene, anche molto lunghe, o anelli formati dal susseguirsi di atomi di carbonio che assumono forme tridimensionali estremamente diverse tra loro; infatti esistono molecole le quali, a parità di composizione chimica, differiscono totalmente per struttura, proprietà chimiche e fisiche. Le molecole che si originano in questo modo sono particolarmente stabili e, a temperatura ambiente, non reagiscono né con l’ossigeno né con l’acqua.
La straordinaria capacità che il carbonio presenta di legarsi anche a se stesso con legami semplici, doppi o tripli è riconducibile al fatto che orbitali ibridi concorrono alla formazione delle molecole. Infatti, la disponibilità di un orbitale vuoto nel livello energetico di valenza permette al carbonio tre tipi diversi di ibridazione, con formazione di orbitali sp3, sp2, ed sp.

I primi studi sulle molecole organiche

09 Dicembre 2008 commenta!

I primi studi e le prime ricerche sulle molecole organiche si basarono sull’analisi elementare dei prodotti, introdotta fin dal 1784 da Lavoisier e perfezionata in seguito dal chimico tedesco J. von Liebig.

Lavoisier, occupandosi dei fenomeni di combustione, aveva dimostrato che le sostanze organiche producono anidride carbonica e acqua bruciando; perciò le sostanze organiche devono contenere necessariamente anche idrogeno oltre che carbonio.

Qualche decennio dopo, J. von Liebig analizzò accuratamente la composizione di un gran numero di sostanze organiche e fu capace di dimostrare che esse risultano dalla composizione di un numero limitato di elementi, ossia carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. L’analisi rivelò due fattori importanti:

1) tutte le sostanze organiche contengono necessariamente carbonio e in quantità superiore rispetto agli altri elementi;
2) oltre al carbonio, gli elementi presenti sono molto limitati, primo fra tutti è senza dubbio l’idrogeno, a cui seguono ossigeno, azoto, alogeni, fosforo e, molto raramente, ferro, zolfo e magnesio.

Si pensò allora che la varietà delle sostanze organiche naturali dipendesse da particolari proprietà del carbonio e dal modo in cui i suoi atomi riuscivano a legarsi ad altri atomi di carbonio o di altri elementi.
La ricerca sulla chimica organica proseguì nel XIX secolo con gli studi di altri chimici, quali Kekulé e Couper sulla struttura delle molecole organiche.
Kekulé e Couper riuscirono a spiegare la formazione di molecole organiche molto complesse applicando il concetto di valenza ai composti organici, già noto in chimica inorganica. Essi fornirono un metodo efficiente e semplice per rappresentare molecole molto organiche anche notevolmente complesse.
Inoltre, nel 1848, quando ancora non erano stati definiti i concetti di valenza, legame e struttura, Louis Pasteur, cercando di mettere in relazione le caratteristiche dei cristalli con le proprietà chimiche delle sostanze che li costituivano, aveva scoperto la differenza tra due tipi di acido tartarico che, pur avendo la stessa composizione e lo stesso comportamento chimico, avevano diverso comportamento fisico in quanto le loro soluzioni interagivano differentemente con la luce polarizzata.
Alla fine del XIX secolo, l’idea di sfruttare le proprietà ottiche delle sostanze per ottenere informazioni sull’organizzazione delle particelle a livello microscopico fu impiegata dal chimico olandese Jacobus Henricus van’t Hoff che riuscì ad evidenziare situazioni di simmetria o di asimmetria all’interno delle molecole, non sufficientemente spiegabili dalla teoria strutturale.

Che cos’è la chimica del carbonio?

09 Dicembre 2008 3 commenti

La chimica organica è la branca della chimica che si occupa dei composti contenenti nelle loro molecole atomi di carbonio. Proprio perché lo scheletro dei composti organici è costituito da atomi di carbonio, la chimica organica è detta anche chimica del carbonio. I composti organici più semplici sono costituiti solo da carbonio e idrogeno; gli altri elementi tipici delle molecole organiche sono l’ossigeno, l’azoto e, in percentuale inferiore, anche gli alogeni, lo zolfo e il fosforo. I composti organici hanno un ruolo di fondamentale importanza per l’uomo in quanto, oltre a costituire la materia vivente, sono alla base della sua alimentazione o costituiscono materiali destinati alla produzione di molti beni di uso quotidiano, quali il petrolio, il legno, le fibre tessili, i farmaci, i colori, il vino, i profumi, i detersivi, la carta e tantissimi altri materiali contenenti sostanze organiche.
La vita si è evoluta a partire dai composti del carbonio, e proprio per questo le molecole organiche sono di grande importanza per chiunque sia interessato allo studio della materia vivente.
La chimica organica può essere definita come la chimica dei composti del carbonio di qualunque derivazione essi siano, mentre chimico organico è colui che studia le strutture e le reazioni dei composti organici.
Nonostante la sua complessità, la chimica organica è una scienza in un certo qual modo sistematica, che può essere ricondotta a classi di molecole e a tipi di reazioni.
Attualmente gli interessi della chimica organica abbracciano tutti i campi della vita moderna senza più barriere né confini.

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