I primi studi e le prime ricerche sulle molecole organiche si basarono sull’analisi elementare dei prodotti, introdotta fin dal 1784 da Lavoisier e perfezionata in seguito dal chimico tedesco J. von Liebig.
Lavoisier, occupandosi dei fenomeni di combustione, aveva dimostrato che le sostanze organiche producono anidride carbonica e acqua bruciando; perciò le sostanze organiche devono contenere necessariamente anche idrogeno oltre che carbonio.
Qualche decennio dopo, J. von Liebig analizzò accuratamente la composizione di un gran numero di sostanze organiche e fu capace di dimostrare che esse risultano dalla composizione di un numero limitato di elementi, ossia carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. L’analisi rivelò due fattori importanti:
1) tutte le sostanze organiche contengono necessariamente carbonio e in quantità superiore rispetto agli altri elementi;
2) oltre al carbonio, gli elementi presenti sono molto limitati, primo fra tutti è senza dubbio l’idrogeno, a cui seguono ossigeno, azoto, alogeni, fosforo e, molto raramente, ferro, zolfo e magnesio.
Si pensò allora che la varietà delle sostanze organiche naturali dipendesse da particolari proprietà del carbonio e dal modo in cui i suoi atomi riuscivano a legarsi ad altri atomi di carbonio o di altri elementi.
La ricerca sulla chimica organica proseguì nel XIX secolo con gli studi di altri chimici, quali Kekulé e Couper sulla struttura delle molecole organiche.
Kekulé e Couper riuscirono a spiegare la formazione di molecole organiche molto complesse applicando il concetto di valenza ai composti organici, già noto in chimica inorganica. Essi fornirono un metodo efficiente e semplice per rappresentare molecole molto organiche anche notevolmente complesse.
Inoltre, nel 1848, quando ancora non erano stati definiti i concetti di valenza, legame e struttura, Louis Pasteur, cercando di mettere in relazione le caratteristiche dei cristalli con le proprietà chimiche delle sostanze che li costituivano, aveva scoperto la differenza tra due tipi di acido tartarico che, pur avendo la stessa composizione e lo stesso comportamento chimico, avevano diverso comportamento fisico in quanto le loro soluzioni interagivano differentemente con la luce polarizzata.
Alla fine del XIX secolo, l’idea di sfruttare le proprietà ottiche delle sostanze per ottenere informazioni sull’organizzazione delle particelle a livello microscopico fu impiegata dal chimico olandese Jacobus Henricus van’t Hoff che riuscì ad evidenziare situazioni di simmetria o di asimmetria all’interno delle molecole, non sufficientemente spiegabili dalla teoria strutturale.